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Il bambino nascosto: un figlio di camorristi protetto da un maestro di pianoforte

bambino

Il Bambino nascosto è un romanzo-sceneggiatura di Roberto Andò per La Nave di Teseo. Dal libro è stato tratto un film, la cui uscita è prevista per il 2021 e con Silvio Orlando nel ruolo di protagonista.

Quando ti metterai in viaggio per Itaca

devi augurarti che la strada sia lunga,

fertile in avventure e in esperienze.

I Lestrigoni e i Ciclopi

o la furia di Nettuno non temere,

non sarà questo il genere di incontri

se il pensiero resta alto e un sentimento

fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.

In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,

nè nell’irato Nettuno incapperai

se non li porti dentro

se l’anima non te li mette contro.

ROBERTO ANDO’

L’autore de Il trono vuoto, vincitore del premio Campiello opera prima e finalista al premio Racalmare Sciascia, da cui è stato tratto il film ‘Viva la libertà’, Roberto Andò, torna in libreria con il thriller  Il bambino nascosto. 

Il bambino nascosto: trama

 Gabriele Santoro è un professore di pianoforte al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. Una mattina, mentre è impegnato nel suo rituale di radersi declamando una poesia di Kavafis, il postino suona al citofono per consegnare un pacco. Il professore apre la porta e, prima di accoglierlo, corre a lavarsi la faccia. In quel breve lasso di tempo, un bambino di dieci anni si intrufola nel suo appartamento. Il maestro – così lo chiamano nel quartiere di Forcella dove abita – se ne accorgerà solo a tarda sera, quando riconosce nell’intruso Ciro, il figlio dei vicini di casa. Interrogato sul perché della sua fuga, Ciro non parla. Il maestro di piano, d’istinto, accetta comunque di nasconderlo: Gabriele e il bambino sanno di essere in pericolo ma approfittano della loro reclusione forzata per conoscersi e ri-conoscersi. Il bambino è figlio di un camorrista, viene da un mondo criminale che lascia poco spazio ai sentimenti, e ora un gesto avventato rischia di condannarlo.

Il bambino, il maestro e Kavafis

Andò conduce il lettore nel mondo del poeta Konstantino Kavafis le cui frasi fanno da epigrafe a tutti i capitoli.

Dei compagni abituali delle sue giornate, l’unico a resistere era Kavafis. Quel poeta di candele, di finestre, di ombre, di malinconiche dissolutezze, continuava a essere conforto per la sua anima”.

Kavafis era uno scettico che fu accusato di attaccare i tradizionali valori della cristianità, del patriottismo, e dell’eterosessualità, anche se non sempre si trovò a suo agio nel ruolo di anticonformista. Nel 1994 la poe­sia Itaca, la prima declamata da Gabriele Santoro, fu let­ta al fu­ne­ra­le di Jac­que­li­ne Ken­ne­dy Onas­sis da Mau­ri­ce Tem­pel­sman, suo ul­ti­mo amo­re.

Il bambino e il maestro: un training emotivo

Gabriele Santoro, amante della poesia e della musica classica, maestro di conservatorio , vive una vita borghese e senza scosse; una dimensione anomala e ovattata per un quartiere napoletano malfamato come quello di Forcella. E’ un abitudinario, un metodico, un uomo che ha reso i gesti quotidiani una liturgia e che assiste imperturbabile dalla finestra del suo appartamento alla concitata vita di quartiere. E’ un uomo che si è autoescluso dalla vita. Proviene da una famiglia benestante ma decide comunque di vivere a Forcella. Eppure, sin dalle prime righe del romanzo, si delinea il suo destino che gli farà maturare, in un lasso di tempo molto breve e in circostanze rischiose, un sentimento di paternità.

Ciro è un bambino appartenente ad una famiglia camorristica di Forcella che ha commesso uno sgarro imperdonabile. Certo di non poter contare sull’appoggio della famiglia, si rivolge allo straniero del condominio, l’unico estraneo alle logiche del codice camorristico. L’anomala convivenza tra Ciro e Gabriele impone ai due un percorso di crescita sentimentale ed emotiva dalla quale ne usciranno cambiati.

Torna anche qui, come ne “Il trono vuoto”, il tema del rapporto fraterno

I fratelli sono agli antipodi e, allo stesso tempo, necessari l’uno all’altro. Gabriele e Renato – magistrato integerrimo – incarnano rispettivamente l’uno la logica di Antigone, l’altro quella di Creonte:“Antigone, a te dice niente questo nome, Renato?” […]Ebbene, ti deluderò, Gabriele, ma per me la legge è proprio quella dell’ottuso Creonte. Sì, mi sembra più utile, più concreto, più umile il suo sforzo di spersonalizzare il giudizio, e di fare ordine nel caos, della sete di purezza di Antigone”

Atmosfera morale e delicatezza di una Napoli insolita

Nel romanzo regna un’intensa atmosfera morale di Napoli, una Napoli ritrosa diversa da quella ormai stereotipata dalle serie televisive. E’ la Napoli più sfuggente e sconosciuta di Anna Maria Ortese : “Temo di non aver mai visto davvero Napoli, né la realtà in genere”.

La delicatezza è filo sottile che tiene insieme il romanzo, una delicatezza dentro le atrocità e il degrado. Il bene vince sempre sul male ma è necessario il sacrificio espiatorio dell’innocente per rovesciare la mentalità consolidata aprendo un varco.

Ecco il perchè dell’emblematica frase di Gabriele Santoro:

Se non dovessi tornare sappiate che non sono mai partito”

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