Bianca Giannoni originaria di Massarella è una giovane come tante che vive la sua vita tra alti e bassi aiutando la famiglia e concedendosi qualche uscita con le amiche. Siamo intorno al 1940 e Bianca conosce Dario. I due si sposano e Bianca va a vivere con i suoceri a Stabbia. Nell’estate del 1944 ha due figli Carla e Guido ed è in attesa di un terzo. Durante l’Eccidio del Padule del 23 agosto 1944, Bianca perderà il marito Dario e i suoceri. Incinta e con due figli ancora piccoli, Bianca seppellirà i suoi cari. Senza altro posto dove andare, tronerà dai genitori a Massarella, dove nel marzo del 1945 darà alla luce il suo terzo figlio, che chiamerà Dario.
“Io sono anima selvaggia”


“Io sono anima selvaggia” performance scritta e diretta da Firenza Guidi in occasione dell’ 81 esimo anniversario dell’ Eccidio del Padule ripercorre la storia di Bianca Giannoni per ricordarci le devastanti ripercussioni che immani tragedie come le guerre lasciano in chi rimane.
La performance si apre con una scena di vita quotidiana di una giovane Bianca che incontra Dario e si sposa. Una vita semplice che viene sconvolta dai carri armati e dai fucili nazifascisti. Bianca perde tutto: i suoceri, il marito e la casa. Sola, con due figli e uno in arrivo, è costretta a riparare in casa dei genitori a Massarella che si prenderanno cura della famiglia distrutta. La vita di Bianca seguirà poi un percorso difficile. Per oltre quaranta anni, Bianca porterà tracce indelebili di quella tragedia che le ha negato la possibilità di essere donna, moglie e madre. La benda bianca sugli occhi di Bianca adulta ci parla di un percorso accidentato in cui si è perso la propria identità, in cui si è smarrito il senso della propria esistenza. Bianca porterà sempre con sé le ferite aperte di quell’orrore.
Bianca Giannoni e l’innocenza perduta


L’innocenza perduta per sempre è al centro del racconto di Firenza Guidi. La scenografia di “Io sono anima selvaggia” è rappresentata dalla una stanza di un bambino con giocattoli, altalene, cavallini a dondolo su un pavimento bianco. Forse Bianca avrà sognato un luogo come quello, pieno di amore dove far dormire, giocare e crescere i suoi bambini. Ma la furia nazifascista, nel suo immenso disprezzo della vita umana, ha privato i sui figli di un’infanzia e Bianca della gioia di essere moglie e madre. Alla fine della performance la regista Firenza Guidi ha chiesto agli spettatori di attraversare la stanza del bambino, così che venisse sporcata dagli orrori vissuti dalla famiglia. Un momento toccante segnato da un silenzio che ha fatto più rumore di molte parole.
Un sottile filo rosso che ci unisce
La tragedia di Bianca ha legato con un filo sottile cinque generazioni per arrivare all’ultima piccola erede di una così pesante eredità. La piccola Elettra, l’ultima nata in casa Giannoni, ha recitato nella performance portando l’innocenza e il candore della sua giovane età. Elettra ci ricorda che i sopravvissuti sono andati avanti e hanno fatto del loro meglio per ricostruire le loro vite. Ma il loro sguardo, il loro presente e il loro futuro è sempre rivolto dietro a quel passato che non si deve dimenticare, a quel passato che non deve tornare.

Firenza Guidi con estrema delicatezza affronta le ferite aperte di chi è rimasto portando lo spettatore nei luoghi dove la tragedia è avvenuta. Nella piazza di Massarella, nel silenzio composto del pubblico, si respirava ancora vivo e bruciante il dolore del ricordo.
Quante Bianca ci sono oggi nel mondo? Quante guerre oggi distruggono le esistenze? Perché ci siamo dimenticati del nostro atroce e doloroso passato?
La memoria é un dono prezioso da preservare. A differenza del ricordo, la memoria crea la nostra identità, la nostra cultura e il nostro senso di umanità. È solo attraverso la memoria che possiamo evitare che gli orrori del passato si ripetano.
Perché “È AVVENUTO, QUINDI PUÒ ACCADERE DI NUOVO: QUESTO È IL NOCCIOLO DI QUANTO ABBIAMO DA DIRE” (Primo Levi)
